Blues and Bach – The Music of John Lewis
Per trio jazz e orchestra
Enrico Pieranunzi – pianoforte
Luca Bulgarelli – contrabbasso
Mauro Beggio – batteria
Michele Corcella – arrangiatore e direzione Orchestra Filarmonica Italiana
Ascoltando il trio di Enrico Pieranunzi, con Luca Bulgarelli al contrabbasso e Mauro Beggio alla batteria, affiancato dall’ Orchestra Filarmonica Italiana diretta da Michele Corcella, responsabile degli arrangiamenti, non si
può fare a meno di pensare al grande schermo. Come in sala, siamo immersi fin dall’inizio dell’ascolto in un’ avvolgente temperie emotiva che in diverse occasioni si manifesterà lungo lo sviluppo del programma, pur riservando uno
spazio rilevante alla componente più terrena, rappresentata dal trio jazz. E proprio la coesistenza fra le due dimensioni rappresenta uno dei pregi maggiori del lavoro: da un lato un esperto di composizioni ed orchestrazione
jazz e di colonne sonore (in particolare quelle curate da Duke Ellington) come Corcella, dall’altro uno dei maggiori pianisti contemporanei jazz il cui universo
culturale si estende alla musica barocca, come a Gerswhin o a Debussy.
A connettere i due mondi la presenza, in veste di compositore, di John Lewis, pianista statunitense fondatore e componente del Modern Jazz Quartet, un artista che, come autorevolmente sostenuto da Gunther Shuller : “Sapeva fondere in un idioma personale ed omogeneo le varie influenze del suo lavoro, fossero i capolavori delle fughe di Bach, le composizioni derivate dal folk di Bartok, le tessiture di Stravinsky o la profonda atmosfera blues che permea tutta la sua musica“.
Le dinamiche che contrappongono o congiungono il trio e la formazione orchestrale sono l’elemento costante del lavoro: assumono la forma di esuberanti scambi nel brano iniziale, di un elastico groove sostenuto dagli archi in “Spanish steps“, di una fuga bachiana che si trasforma quasi naturalmente in un assolo jazz in “Vendome” o, con un’ esaltante inversione di ruoli rispetto alla struttura predominante, di un break inatteso e dirompente di archi e legni a disegnare la ritmica di una fino a quel momento intimista “Autumn in New York”. In programma sfilano poi la celebre “Django ” con l’ elaborata trama orchestrale contrappuntata da una sezione di pronunciato swing del trio, ed il tema monkiano che, al termine del solo di batteria, incornicia “Concorde“. Le note malinconiche di “Milano“, connubio ideale fra soundtrack e ballad, sarebbero la perfetta conclusione, ma c’è un’altra sorpresa.
Arriva nel brano finale, “Jasmine tree,” subito dopo una introduzione improvvisata dal trio, ed ha le sembianze di un fiammeggiante tema dai sentori balcanici, con il quale l’orchestra disegna definitivamente la parola FINE.